Arpa Umbria: la guida ufficiale per le acque reflue in officine, autolavaggi, distributori

Adempimenti ambientali per impianti di: autolavaggi, officine meccaniche di autoriparazione e distributori di carburanti

Guida pratica

Con questa guida, Arpa Umbria intende fornire, a quelle piccole imprese che per le loro dimensioni spesso non hanno personale interno specializzato nella normativa ambientale, il supporto necessario per orientarsi in materie complesse ed in continua evoluzione come quelle relative alla protezione dell’ambiente.

La presente guida non intende sostituirsi al ruolo dei consulenti ambientali ma, vuole sensibilizzare gli operatori sui rischi per l’ambiente derivanti dalle loro attività, e indirizzarli verso scelte gestionali e organizzative che minimizzino l’impatto ambientale, evitando eventuali inquinamenti del suolo, delle acque sotterranee e superficiali e limitando contestualmente l’utilizzo di risorse come l’acqua e l’energia.
La guida è stata redatta considerando nel loro insieme le attività di autolavaggi, officine meccaniche di autoriparazione e distributori di carburanti. Nella guida non vengono prese in considerazione le attività di autocarrozzeria che presentano peculiarità tali da richiedere una trattazione a parte.

3) SCARICHI DI ACQUE REFLUE

DISCIPLINA DEGLI SCARICHI

La disciplina degli scarichi costituisce una delle componenti principali della normativa per la tutela delle acque dall’inquinamento ed è regolamentata dal D.Lgs. 152/06 e s.m.i. (parte terza), e dalla disciplina regionale sugli scarichi (D.G.R. 424/2012 e D.G.R. 717/2013). I cardini su cui si basa la regolamentazione degli scarichi sono l’obbligo di autorizzazione e il rispetto dei limiti di emissione, fissati in funzione degli obiettivi di qualità dei corpi idrici.

La normativa relativa alle acque di scarico generate dall’attività di autolavaggio, stazione di servizio o officina meccanica, assume carattere di spiccata rilevanza tra le altre applicabili a carattere ambientale.

Gli scarichi possono essere suddivisi in funzione della tipologia di acque reflue scaricate e del recapito, parametri in base ai quali sono definite le tabelle di riferimento con i limiti di legge e la disciplina autorizzatoria. Nel caso delle attività qui riportate, l’orientamento della vigente legislazione in merito è quello di classificare gli scarichi come acque reflue industriali, ove per acque reflue industriali si intende “qualsiasi tipo di acque reflue scaricate da edifici od impianti in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni, diverse dalle acque reflue domestiche e dalle acque meteoriche di dilavamento”.

Un discorso a parte merita la disciplina degli scarichi di acque reflue di dilavamento. Ai sensi dell’art. 2 della D.G.R. 424/2012 sono:
Acque di lavaggio delle aree esterne: le acque, comunque approvvigionate, attinte o recuperate, utilizzate per il lavaggio di superfici scolanti che si rendono disponibili al deflusso superficiale e qualsiasi altra acqua di origine non meteorica che venga a interessare le medesime superfici direttamente o indirettamente.
Acque di prima pioggia: i primi 2,5-5 mm di acqua meteorica di dilavamento uniformemente distribuita su tutta la superficie scolante servita dal sistema di drenaggio che cade in un intervallo di 15 minuti e preceduta da almeno 48 ore di tempo asciutto; i coefficienti di afflusso alla rete si considerano pari a 1 per le superfici lastricate o impermeabilizzate. Restano escluse dal computo suddetto le superfici eventualmente coltivate.
Acque meteoriche di dilavamento: la parte delle acque di una precipitazione atmosferica che, non assorbita o evaporata, dilava le superfici scolanti.
Acque reflue di dilavamento: acque prodotte dal dilavamento, da parte delle acque meteoriche e di lavaggio, di superfici impermeabili scoperte adibite all’accumulo/deposito/stoccaggio di materie prime, di prodotti o scarti/rifiuti, ad altri usi, qualora da tale dilavamento si producano acque con presenza delle sostanze pericolose di cui alle tabelle 4 e 5 della direttiva, al disopra del limite di rilevabilità analitica e/o acque contenenti le altre sostanze di cui alle tabelle 3 e 6 della presente direttiva, a concentrazioni superiori ai valori limite di emissione previsti dalle stesse tabelle nel relativo recapito.

Le acque reflue di dilavamento sono considerate a tutti gli effetti acque reflue industriali e quindi sottoposte ad autorizzazione. In tale ambito ciascun titolare valuterà i quantitativi di acque reflue di dilavamento prodotti, verificando se gli stessi sono limitati alle acque di prima pioggia o relativi a una durata superiore nel corso dell’evento meteorico. Sempre in tale ambito, con riferimento al recapito finale, verranno definite le eventuali modalità di trattamento.

I titolari di stazioni di distribuzione di carburante hanno l’obbligo di gestire le acque reflue di dilavamento, mentre il comma 3 esclude dall’applicazione dell’articolo 17 le superfici impermeabili scoperte adibite esclusivamente a parcheggio o transito di veicoli.

Per gli scarichi degli autolavaggi e per gli scarichi di acque reflue di dilavamento, il titolare dovrà valutare la presenza nello scarico di sostanze pericolose e in caso positivo dovrà essere richiesta per esse una specifica autorizzazione; a titolo di esempio, sostanze pericolose tipicamente riscontrabili nello scarico degli autolavaggi possono essere i metalli e gli oli minerali persistenti e gli idrocarburi di origine petrolifera persistenti.

I recapiti ammessi per gli scarichi sono:

  • acque superficiali (corsi d’acqua e laghi);
  • rete fognaria;
  • suolo e sottosuolo (normalmente vietati, ma ammessi solo in via eccezionale)

Le acque provenienti da autolavaggi o stazioni di servizio, come tutte le acque reflue, debbono essere scaricate in pubblica fognatura, qualora presente nel raggio di 200 metri, salvo deroga da concedere caso per caso da parte dell’Autorità competente al rilascio dell’autorizzazione, sentito il Gestore del Servizio Idrico Integrato, e sulla base di comprovate ragioni tecniche

PROCEDURE AUTORIZZATIVE DEGLI SCARICHI

Le Autorità competenti al rilascio dell’autorizzazione allo scarico sono:

  • Le Autorità di Ambito Territoriale Integrato (ATI) in caso di scarichi in fognatura
  • Le Province in caso di scarichi non in fognatura (ovvero in acque superficiali e suolo)

Per le piccole e medie imprese, a partire dal 13 giugno 2013, l’autorizzazione per gli scarichi di acque reflue rientra tra le autorizzazioni ricomprese nell’Autorizzazione Unica Ambientale (A.U.A.). Pertanto, in caso di rilascio, modifica sostanziale o rinnovo dell’autorizzazione allo scarico, il titolare dell’impresa dovrà effettuare apposita istanza di A.U.A. allo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) del Comune allegando tutta la documentazione prevista dall’Autorità competente. L’A.U.A. rilasciata avrà una validità di 15 anni, ma nel caso di scarichi di sostanze pericolose il titolare dello scarico deve presentare all’Autorità competente, ogni quattro anni, una comunicazione contenente gli esiti dell’attività di autocontrollo. L’autorizzazione è condizione preliminare all’esercizio dell’attività ed è rilasciata al titolare o legale rappresentante dell’impresa esercente; la documentazione necessaria per il rilascio dell’autorizzazione allo scarico si compone di una serie di moduli da compilare fornito dalle autorità preposte al rilascio, in cui si devono indicare, ad esempio, la localizzazione dello scarico, le caratteristiche quali-quantitative dello scarico intese come volume annuo scaricato, massa e tipologia di sostanze scaricate, le caratteristiche dell’attività, le sostanze impiegate e le relative quantità, gli impianti di trattamento delle acque reflue e le relative caratteristiche tecniche.

L’ottenimento dell’autorizzazione allo scarico è condizione necessaria ma non sufficiente all’esercizio dell’attività, visto che la conformità alle prescrizioni viene poi valutata anche attraverso campionamenti . Rimane pertanto in capo al titolare dello scarico il compito di garantire che lo scarico stesso rientri nei limiti.

TECNOLOGIE DI TRATTAMENTO

Dal punto di vista impiantistico, la depurazione del refluo da autolavaggi o stazioni di servizio dipende in gran parte da come viene gestita l’attività. Le soluzioni impiantistiche prevedono solitamente l’utilizzo di moduli di trattamento di tipo fisico, di tipo chimico-fisico e di tipo biologico, e di tutte le possibili combinazioni degli stessi in grado di rimuovere acque contenti materiali decantabili, grassi/oli minerali e idrocarburi non emulsionati e detergenti. Il trattamento di dissabbiatura e disoleazione può consistere in una serie di vasche di raccolta e sedimentazione delle acque, realizzate in cemento o PVC, interrate o meno. In queste vasche l’acqua segue un percorso attraverso il quale si separano in basso le frazioni solide come terra e sabbia (dissabbiatura), e in alto i residui di olio e benzina (disoleazione), attraverso una fase di separazione di oli e idrocarburi non emulsionati mediante flottazione in superficie. Un’altra soluzione impiantistica molto usata per la rimozione di sostanze oleose è rappresentata dai disoleatori a coalescenza, in cui la separazione della frazione oleosa avviene attraverso un filtro, (che può essere realizzato in polipropilene, polietilene, poliestere, fibra di vetro ecc.) sfruttando le differenze di peso specifico e la coalescenza, ossia la diversa tensione superficiale degli oli rispetto all’acqua; le sostanze oleose risalgono in superficie, mentre l’acqua chiarificata sottostante attraversa il filtro immettendosi nella condotta di scarico.

Il trattamento può prevedere una sezione biologica per eliminare gli inquinanti di natura organica; nell’acqua viene immesso ossigeno, permettendo la trasformazione delle sostanze organiche inquinanti e la loro degradazione a cura di una serie di batteri che si nutrono degli inquinanti di tipo organico, creando alla base della vasca un deposito di fanghi (fanghi attivi) i quali, a loro volta, favoriscono la ulteriore proliferazione di batteri.

Infine, altri impianti di filtrazione possono essere installati (solo quando necessario) a valle del trattamento per l’abbattimento del carico inquinante residuo del refluo già trattato; l’acqua viene generalmente fatta passare attraverso una massa filtrante di sabbia di diversa granulometria per l’abbattimento dei solidi sospesi, e successivamente in un ulteriore filtro a carbone attivo granulare per l’assorbimento delle rimanenti tracce di idrocarburi o eventuali solventi. A valle dell’impianto di depurazione per autolavaggi è possibile, e auspicabile anche se non obbligatorio, inserire un accumulo per il ricircolo e il riutilizzo dell’acqua depurata.

SANZIONI

Per quanto concerne la disciplina sanzionatoria degli scarichi, l’applicazione delle sanzioni penali si ha nel caso in cui il superamento tabellare dei valori limite, come stabiliti nelle tabelle 3 (scarichi in acque superficiali e fognatura) e tabella 4 (scarichi al suolo) sia riferito alle 18 sostanze o famiglie di sostanze pericolose fissate nella tabella 5.

Le sanzioni penali, art 137.c 1 del D.Lgs 152/06 e s.m. e i., per scarico di acque reflue industriali vengono applicate anche nel caso di scarichi:

  •  senza autorizzazione;
  •  con autorizzazione sospesa;
  •  con autorizzazione revocata.

In tutti gli altri casi la disciplina sanzionatoria applicabile prevede un illecito amministrativo

 

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